In Gran Bretagna è stato pubblicato
uno studio sulle elezioni comunali negli ultimi 40 anni. Secondo la
ricerca 200 eletti nei consigli comunali ogni anno potrebbero essere
di origine straniera o appartenenti a minoranze etniche se
nell'elettorato non ci fossero pregiudizi che influenzano il voto.
La ricerca ha evidenziato che tale discriminazione è diminuita fino al 2001 per poi aumentare notevolmente nei successivi 11 anni. Sarebbe interessante approntare un simile studio nel Nord Italia confrontando i risultati elettorali dei candidati ai consigli comunali con cognome tipico del Sud Italia o di origini straniere.
La ricerca ha evidenziato che tale discriminazione è diminuita fino al 2001 per poi aumentare notevolmente nei successivi 11 anni. Sarebbe interessante approntare un simile studio nel Nord Italia confrontando i risultati elettorali dei candidati ai consigli comunali con cognome tipico del Sud Italia o di origini straniere.
Uno studio accademico ha scoperto,
analizzando quasi 40 anni di risultati elettorali, che gli elettori
britannici sono prevenuti nei confronti dei candidati politici con
nomi che suonano stranieri o appartenenti a minoranze etniche.
I ricercatori ritengono che tali
discriminazioni potrebbero essere un fattore determinante per 200
seggi nei consigli comunali della Gran Bretagna ogni anno e ritengono
che certe discriminazioni siano più intense oggi di ieri.
Gli studiosi hanno esaminato i
risultati per 400mila candidati alle elezioni locali britanniche dal
1973 al 2012 e hanno scoperto che “i candidati i cui cognomi
suggeriscono un'origine britannica hanno risultati migliori, mentre
quelli con cognomi che suggeriscono un'origine non europea attraggono
meno elettori”.
L'analisi ha rilevato che “il numero
dei voti è pregiudicato quando i candidati con cognome britannico
vengono sostituiti da candidati con cognomi europei o non europei,
mentre, nel caso contrario si registra un aumento dei voti”. “È
chiaro che il risultato di alcune elezioni è stato determinato dalla
scelta dei candidati da parte dei partiti”.
Lo studio, pubblicato nell'aprile 2017
dal British Journal of Political Science, dopo essere stato
revisionato da altri studiosi, ha diviso i nomi in tre categorie:
nomi che suonano “britannici”, nomi che suonano “europei” e
nomi che suonano “non-europei”. Usando un programma informatico i
ricercatori hanno incrociato i nomi dei candidati con lo storico dei
risultati elettorali presenti nel database del Plymouth University
Elections Centre e hanno analizzato il risultato elettorale dei
candidati in rapporto al risultato elettorale del partito politico
nello stesso anno.
Nelle circoscrizioni elettorali che
eleggono più di un consigliere, i ricercatori hanno analizzato la
situazione in maniera diversa, osservando il risultato elettorale dei
candidati con nome “non britannico” rispetto ai candidati dello
stesso partito. Lo studio ha scoperto che in media il candidato con
nome straniero perde oltre il 5% dei voti.
La ricerca ha identificato, dagli Anni
'70 al 2001, una diminuzione costante dell'intensità di
discriminazione contro le persone con nomi non-europei, ma dal 2001 è
tornata ai livelli iniziali. Il livello di discriminazione contro i
nomi europei è aumentato in maniera costante e attualmente è al
massimo livello mai rilevato.
I ricercatori scrivono che “negli
Anni '70 l'impatto subito da un candidato con nome non-europeo è
superiore al 5%. Questo effetto si riduce di più dell'1% nei due
decenni successivi, per tornare alla percentuale iniziale dopo gli
eventi del 2001 e la successiva 'guerra al terrorismo'. Questa non è
ancora una dichiarazione di causa-effetto, ma certamente suggerisce
che la correlazione dovrebbe essere meglio investigata”.
“Nel caso di candidati con nomi
europei, si nota che il livello di discriminazione è aumentato nel
tempo, andando da un mezzo punto di percentuale a quasi quattro volte
tanto nell'ultimo decennio”.
I risultati della ricerca arrivano dopo
che il capo della sicurezza del Parlamento aveva avvisato la Home
Affairs Select Committee che i membri del parlamento appartenenti a
minoranze etniche erano, e sono tutt'ora, il principale bersaglio di
abuso sui social media.
Lo studio è stato condotto dai
politologi Michael Thrasher, Colin Rallings, Richard Webber, e Galina
Borisyuk. Trasher e Rallings sono conosciuti da anni per le loro
affidabili previsioni elettorali. Lo studio si conclude affermando:
“le prove indicano chiaramente l'esistenza di una discriminazione
basata sul nome dei candidati, agita da alcuni elettori nelle
elezioni locali in Gran Bretagna”.
“A grandi linee, nei 4mila e 5mila
seggi per il consiglio locale andati ad elezione annualmente, i
risultati di circa 200 di questi seggi sono in parte influenzati dal
nome dei candidati. Alcuni di questi seggi si riveleranno importanti
per determinare l'equilibrio di potere all'interno dello stesso
consiglio”.
“Sebbene il pattern generale dimostri
che i candidati con un nome che suggerisce un'origine etnica e
non-europea vanno peggio rispetto ai candidati con nomi che indicano
discendenza britannica, c'è prova che altri fattori, inclusi il
contesto locale e il periodo storico, sono rilevanti”.
“La ricerca rivela che nelle elezioni
tenute in città con un'alta percentuale di popolazione non europea,
sono i candidati con nomi europei ad essere svantaggiati. Gli
elettori vogliono 'persone come loro' quali loro rappresentanti in
consiglio”.
“L'analisi del voto dagli Anni '70 ad
oggi evidenzia che le scelte degli elettori sono sensibili ad eventi
esterni che in un dato momento influenzano l'atteggiamento verso
alcuni gruppi presenti nella società”.
Traduzione di Ginevra Ferrari
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