Il 6 ottobre 2015 è stata pubblicata
la nuova edizione dello Special Eurobarometer on Discrimination (la sintesi in italiano). Lo
studio si basa su 27.718 interviste in tutta l’Unione europea, di
cui 1.040 in Italia (periodo di rilevazione 30/05-08/06/2015).
Il Rapporto della Ue mostra quanto siano cresciuti i fenomeni di discriminazione in questi anni di incertezza economica anche se con qualche contraddizione, visto che il 70% degli europei ha amici di fede e/o etnia differente.
“L’Europa diventa sempre più intollerante quando c’è una crisi. Lo abbiamo già visto nel corso della storia passata. E bisogna imparare dalla storia ed essere consapevoli della sua esistenza. L’intolleranza deve essere combattuta perché la sopravvivenza della società europea dipenda dalla nostra capacità di vivere insieme con culture e religioni diverse”. Queste sono le parole del Vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, durante il convegno tenuto a Bruxelles per la presentazione del presente rapporto.
Il Rapporto della Ue mostra quanto siano cresciuti i fenomeni di discriminazione in questi anni di incertezza economica anche se con qualche contraddizione, visto che il 70% degli europei ha amici di fede e/o etnia differente.
“L’Europa diventa sempre più intollerante quando c’è una crisi. Lo abbiamo già visto nel corso della storia passata. E bisogna imparare dalla storia ed essere consapevoli della sua esistenza. L’intolleranza deve essere combattuta perché la sopravvivenza della società europea dipenda dalla nostra capacità di vivere insieme con culture e religioni diverse”. Queste sono le parole del Vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, durante il convegno tenuto a Bruxelles per la presentazione del presente rapporto.
Le interviste riportano che:
- il 50% degli europei ritiene che la
discriminazione fondata sulla religione o sulle convinzioni, credenze
personali sia diffusa (nel 2012 lo credeva il 39%);
- il 33% ritiene che esprimere una
credenza religiosa possa essere uno svantaggio quando si presenta una
domanda di lavoro (nel 2012 lo credeva il 23%);
- solo il 61% degli intervistati si
troverebbe a suo completo agio nel lavorare con un collega
mussulmano, questo è infatti il gruppo religioso meno accettato
socialmente.
Gli intervistati al quesito: “quanto
si sentirebbe a suo agio se uno dei suo figli avesse una relazione
sentimentale con uno dei seguenti gruppi di persone?” rispondono:
- l’ 82% degli intervistati ha detto
che si troverebbe pienamente a proprio agio se il proprio figlia/o
avesse una relazione sentimentale con una persona bianca;
- il 79% con una persona cristiana;
- il 64% con una persona atea;
- il 59% con una persona affetta da
disabilità;
- il 59% si troverebbe a proprio agio
con una persona ebrea e con una asiatica;
- il 56% con una persona buddista e con
una persona di colore;
- il 44% si troverebbe a proprio agio
se il proprio figlio avesse una relazione sentimentale con una
persona del proprio sesso;
- il 43% con una persona musulmana;
- il 39% con una persona rom o sinta;
- il 32% degli intervistati ha detto
che si troverebbe pienamente a proprio agio se il proprio figlia/o
avesse una relazione sentimentale con una persona transessuale.
È stata posta una domanda riguardante
gli stessi gruppi in merito al lavoro e le risposte degli
intervistati in Europa e in Italia (vedi grafico) sono state le
seguenti:
- l’ 83% (81% in Italia) si
troverebbe completamente a proprio agio a lavorare con una persona
bianca;
- l’82% (80% in Italia) con un
cristiano;
- il 77% (75% in Italia) con una
persona affetta da disabilità;
- il 74% (71 in Italia) con un ateo;
- il 72% (67% in Italia) con una
persona di colore e anche con una persona di fede ebraica;
- il 71% (62% in Italia) con una
persona asiatica;
- il 69% (64% in Italia) con una
persona buddista;
- il 63% (53% in Italia) con una
persona omosessuale o bisessuale;
- il 61% degli europei ed il 49% degli
italiani si troverebbe completamente a proprio agio a lavorare con
una persona di fede musulmana;
- il 56% (46% in Italia) con una
persona transessuale;
- il 54% degli europei e 30% degli
italiani si sentirebbero a proprio agio a lavorare con una persona
sinta o rom.
Nella domanda erano presenti un paio di
categorie in più che erano: una persona di età inferiore ai 25
anni (81% UE; 77% IT) e una persona di età superiore ai 60 anni(80%
UE; 78% IT).
Un ulteriore quesito sempre riguardante
il lavoro, ma in questo caso le assunzione era: “se un’azienda
avesse la possibilità di scegliere tra due candidature con uguali
capacità e requisiti, secondo lei quali caratteristiche potrebbero
giocare a sfavore dell’uno o dell’altro?”. Per gli intervistati
la caratteristica maggiormente sfavorevole è l’età superiore ai
55 anni (56% UE; 40% IT); il nome, l’età inferiore ai 30 anni e
l’indirizzo del candidato/a sono poco rilevanti secondo gli
intervistati, mentre l’aspetto esteriore del candidato/a, il modo
di vestire e di presentarsi così come il colore della pelle o
l’etnia ma anche la presenza di disabilità possono incidere molto
sulla decisione dell’assunzione. L’identità di genere è
sfavorevole per il 34%(36% in Italia) degli europei così come
l’espressione del credo religioso che lo è per il 33% (16%) mentre
l’orientamento sessuale incide sulla decisione per il 28% (33% in
Italia) e il sesso del candidato per il 27% (22% in Italia). Anche in
questo caso i dati sono in netto aumento rispetto al 2012.
Secondo il 62% degli europei, il 69% in
Italia, dovrebbero essere introdotte nuove misure per migliorare il
livello di tutela dei gruppi a rischio di discriminazione. L’80%
degli intervistati nella Ue il il 75% in Italia crede che fornire una
formazione in materia di diversità possa favorirla all’interno del
posto di lavoro. Mentre il 77% degli intervistati, l80% in Italia,
ritengono che monitorare le procedure di assunzione per garantire che
i candidati appartenenti a gruppi a rischio di discriminazione
abbiano le stesse opportunità degli altri candidati a parità di
conoscenze e qualifiche possa essere utile per favorire la diversità.
L’81% degli europei è d’accordo
con l’introdurre all’interno delle scuole materiali scolastici
riguardanti l’origine etnica (75% in Italia); l’80% riguardanti
la religione ed il credo (77%in Italia); il 67% sull’orientamento
sessuale (58% in Italia) e il 64% sull’identità di genere (56% in
Italia).
Nel rapporto c’erano domande inerenti
anche all’uguaglianza di genere. Il 94% degli intervistati ha
risposto che l’uguaglianza tra uomini e donne è un diritto
fondamentale; mentre il 62% ritiene che le discriminazioni di genere
siano molto diffuse nel proprio paese. Secondo gli intervistati le
diseguaglianze di genere sono principalmente causate dalla violenza
contro le donne e dagli stereotipi di genere. Per tutelare la parità
dei sessi, secondo il 42% degli europei, l’Unione Europea dovrebbe
garantire alle donne la stessa retribuzione degli uomini per lo
stesso lavoro, rendere i servizi per l’informazione più
accessibili e aumentare i contratti di lavoro flessibile. Tra gli
stati che ritengono la discriminazione di genere un problema
all’ordine del giorno troviamo: Francia, Spagna, Svezia, Italia ed
Austria.
Per quanto riguarda le discriminazioni
sull’orientamento sessuale, il 71% degli europei ed il 71% degli
italiani intervistati affermano che le persone omosessuali e
bisessuali dovrebbero godere degli stessi diritti delle persone
eterosessuali. Il 67% degli intervistati, il 61% in Italia,
dichiarano che non c’è nulla di sbagliato in una relazione
sessuale tra persone della stesso sesso e secondo il 61%, il 55% in
Italia, i matrimoni tra persone dello stesso sesso dovrebbero essere
consentiti in tutta Europa.
Le due immagini sottostanti mostrano i
grafici sulle risposte date dagli intervistati al quesito: “per
ciascuno dei seguenti tipi di discriminazione potrebbe dirmi se,
secondo lei, è molto diffusa, abbastanza diffusa, piuttosto rara o
molto rara nel proprio paese?”.
Di fianco ad ogni dicitura di fattore
discriminante sono segnate le percentuali degli intervistati che le
ritengono molto diffuse: l’origine etnica (64% UE; 73% IT),
l'orientamento sessuale(58% UE; 73% IT), l’identità di genere(56%
UE; 71% IT), la religione/il credo(50% UE; 47% IT), disabilità (50%
UE; 52% IT), avere un’età superiore ai 55 anni (42% UE; 41% IT),
il sesso (37% UE; 41% IT), avere un’età inferiore ai 30 anni (19%
UE; 22% IT).
Nel primo grafico, oltre al quesito,
sono evidenziate le differenze tra Europa ed Italia, mentre nel
secondo grafico, oltre al quesito, sono evidenziate le differenze tra
2012 e 2015 in tutt’Europa. I numeri sono aumentati in maniera
significativa dal 2012 al 2015. L’unico dato che è più basso dal
2012 al 2015 è quello rispetto all’avere un’età superiore ai 55
anni che nel 2012 era 45%, mentre nel 2015 è del 42% in Europa e del
41% in Italia.
Il 47% degli europei ed il 58% degli
italiani non conoscono i propri diritti nel caso fossero vittima di
discriminazioni o molestie. Il 35% UE (38% IT) denuncerebbe la
molestia o la discriminazione alla polizia, il 17% UE (13% IT) ad
un’organizzazione per le pari opportunità, il 17% degli europei
denuncerebbe l’accaduto ad un avvocato (21% IT) e solo il 9% UE (6%
IT) ai sindacati.
Lo Special Eurobarometer on
Discrimination sottolinea quanto, in pochi anni, le discriminazioni
siano aumentate e quanto le persone non conoscano i propri diritti
nell'ambito lavorativo, ma mostra che c’è una buona fetta della
popolazione europea che crede nell’eguaglianza e non tiene conto
della diversità. Si certo, sarebbe preferibile che più persone la
pensassero così e che tutti agissimo per il bene comune: la libertà
di essere chi siamo senza essere discriminati. È proprio a questo
che servono gli studi e le ricerche europee: a rendere le persone più
partecipi e mostrare loro come stanno le cose nel proprio Paese.
L'obiettivo è che più gente possibile prenda coscienza del mondo in
cui viviamo e che “si alzi in piedi” contro le discriminazioni.
La crisi economica e l’incertezza del
domani rendono le persone sempre più diffidenti e arrabbiate verso
il diverso, questa situazione dovrebbe in realtà unirci, perché
come da sempre ci viene insegnato, l’unione fa la forza e solo
stando insieme e costruendo un clima di serenità riusciremo a
sconfiggere il “nemico” comune: l’ignoranza, che ci porta
alla paura e all’odio nei confronti dell’altro.
Dovremmo recuperare la voglia di vivere
in comunità, aiutarci gli uni con gli altri e non segregarci
nell’egocentrismo, più ci apriamo agli altri e più riusciamo a
scoprire quanto il mondo ha da offrire. Serve il coraggio a non
stagnarsi nei pregiudizi e conoscere chi ci sta intorno perché solo
così scopriremo che non siamo poi così diversi.
di Atina Zarkua
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