Era il 26 ottobre 1966 quando alle
Nazioni Unite è stata votata la Risoluzione ONU 2142 (XXI) che ha
istituito per il 21 marzo la Giornata internazionale per
l'eliminazione della discriminazione razziale. L'anno prima si era
conclusa a New York la Convenzione internazionale sull'eliminazione
di ogni forma di discriminazione razziale, approvata dalle Nazioni
Unite nel 1969. Fu il Governo Moro IV nel 1975 ad introdurre nel
nostro ordinamento l'articolato della Convenzione di New York con la
legge 13 ottobre 1975, n. 654, meglio nota come "legge Reale".
Poi ripresa e ampliata dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, detta
"legge Mancino".
La Convenzione di New York ha un
approccio innovativo nel contrasto alle discriminazioni razziali
perché non vieta solo l'atto discriminatorio, ma vieta espressamente
la diffusione di idee razziste basate sulla superiorità o l'odio
razziale, l'incitamento alla discriminazione e le organizzazioni o le
attività di propaganda organizzate a questi fini. L'attuazione e
l'applicazione della Convenzione, per ogni singolo Paese, viene
verificata dal Cerd, il Comitato per l'eliminazione di tutte le forme
di discriminazione razziale, ogni quattro anni.
In Italia le discriminazioni avvengono
in prevalenza nell'ambito etnico/razziale. L'Unar che rileva da
qualche anno tutte le forme di discriminazione, nel Rapporto 2015
certifica che il 74% delle discriminazioni sono su base
etnico/razziale. Più della metà, il 59,8%, avvengono nel Nord
Italia. Le forme di xenofobia, i discorsi d'odio (hate speech), le
discriminazioni istituzionali e i veri e propri attacchi razzisti
sono da un decennio oramai quotidiani nel nostro Paese, in
particolare preoccupa il fatto che nel Nord Italia si concentrino la
stragrande maggioranza dei casi di discriminazione istituzionale nel
nostro Paese. Anche nella Provincia di Mantova non mancano diversi
casi di discriminazione istituzionale. In particolare nell'accesso al
lavoro, il mio ufficio ha monitorato più di dieci casi tra il 2014 e
il 2015.
In questa situazione preoccupante che
vede sia le forze dell'ordine che la Magistratura ancora non in grado
di riconoscere le varie forme di discriminazione, di reprimerle e
conseguentemente punire i responsabili, la Corte Costituzionale ha
emesso il 25 giugno 2015 una sentenza affermando che gli stranieri e
le straniere, regolarmente soggiornanti, possono accedere al Servizio
civile nazionale al pari dei cittadini e delle cittadine italiane.
Una sentenza storica perché rompe l'equazione nazionalista
cittadino/a = difesa della patria.
Afferma la Corte: "preclude al
non-cittadino regolarmente soggiornante in Italia la possibilità di
un pieno dispiegamento della libertà e dell'uguaglianza, da
intendersi anche quale veicolo apprendimento del senso etico dello
stare insieme nella nostra comunità di accoglienza e di costruzione
dei rapporti sociali e dei legami tra le persone in una prospettiva
di solidarietà, di pace e di apertura al confronto nell'ambito di
una convivenza pluralistica". Le motivazioni espresse dalla
Corte spero possano portare oggi tutte e tutti a riflettere
sull'importanza del valore dello "stare insieme" e del
valore dell'"uguaglianza".
Presidente, Articolo 3 Osservatorio
sulle discriminazioni
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