lunedì 21 marzo 2016

Razzismo, una giornata per eliminarlo

Era il 26 ottobre 1966 quando alle Nazioni Unite è stata votata la Risoluzione ONU 2142 (XXI) che ha istituito per il 21 marzo la Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale. L'anno prima si era conclusa a New York la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, approvata dalle Nazioni Unite nel 1969. Fu il Governo Moro IV nel 1975 ad introdurre nel nostro ordinamento l'articolato della Convenzione di New York con la legge 13 ottobre 1975, n. 654, meglio nota come "legge Reale". Poi ripresa e ampliata dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, detta "legge Mancino".

La Convenzione di New York ha un approccio innovativo nel contrasto alle discriminazioni razziali perché non vieta solo l'atto discriminatorio, ma vieta espressamente la diffusione di idee razziste basate sulla superiorità o l'odio razziale, l'incitamento alla discriminazione e le organizzazioni o le attività di propaganda organizzate a questi fini. L'attuazione e l'applicazione della Convenzione, per ogni singolo Paese, viene verificata dal Cerd, il Comitato per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, ogni quattro anni.

In Italia le discriminazioni avvengono in prevalenza nell'ambito etnico/razziale. L'Unar che rileva da qualche anno tutte le forme di discriminazione, nel Rapporto 2015 certifica che il 74% delle discriminazioni sono su base etnico/razziale. Più della metà, il 59,8%, avvengono nel Nord Italia. Le forme di xenofobia, i discorsi d'odio (hate speech), le discriminazioni istituzionali e i veri e propri attacchi razzisti sono da un decennio oramai quotidiani nel nostro Paese, in particolare preoccupa il fatto che nel Nord Italia si concentrino la stragrande maggioranza dei casi di discriminazione istituzionale nel nostro Paese. Anche nella Provincia di Mantova non mancano diversi casi di discriminazione istituzionale. In particolare nell'accesso al lavoro, il mio ufficio ha monitorato più di dieci casi tra il 2014 e il 2015.


In questa situazione preoccupante che vede sia le forze dell'ordine che la Magistratura ancora non in grado di riconoscere le varie forme di discriminazione, di reprimerle e conseguentemente punire i responsabili, la Corte Costituzionale ha emesso il 25 giugno 2015 una sentenza affermando che gli stranieri e le straniere, regolarmente soggiornanti, possono accedere al Servizio civile nazionale al pari dei cittadini e delle cittadine italiane. Una sentenza storica perché rompe l'equazione nazionalista cittadino/a = difesa della patria.

Afferma la Corte: "preclude al non-cittadino regolarmente soggiornante in Italia la possibilità di un pieno dispiegamento della libertà e dell'uguaglianza, da intendersi anche quale veicolo apprendimento del senso etico dello stare insieme nella nostra comunità di accoglienza e di costruzione dei rapporti sociali e dei legami tra le persone in una prospettiva di solidarietà, di pace e di apertura al confronto nell'ambito di una convivenza pluralistica". Le motivazioni espresse dalla Corte spero possano portare oggi tutte e tutti a riflettere sull'importanza del valore dello "stare insieme" e del valore dell'"uguaglianza".

Presidente, Articolo 3 Osservatorio sulle discriminazioni

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